incipit

"- Da quanto tempo mi trovo qui? Ho visto così tante volte il Sole nascere e poi morire, e le stagioni rincorrersi sul mio campo, che le dita non bastano più a contarle. Ed il mio nome, un tempo ero così contento di sentirlo pronunciare da chi mi amava, ma ora, nella squallida monotonia dei giorni, mi dà fastidio ogni voce. "







sabato 3 settembre 2011

il mimo

un'ora una domenica

- Non sono studiato. - mi dice per scusarsi.
Termina di scrivere, si solleva e inizia a parlare. Le parole scorrono sempre più copiose e narrano la sua vita a ritroso. La timidezza di un linguaggio elementare sparisce pian piano, con i pensieri che s’accavallano ai ricordi.
- La vede? - Mi chiede ogni tanto sporgendosi verso la moglie.
La vedo. Ascolto. Il fiume di parole trascina nella corrente le immagini di parenti che li hanno abbandonati, di un figlio che è come se non ci fosse, degli amici di sempre che prima s’occupavano le domeniche con bugie sempre nuove, fino a cambiar la strada per non salutare.
- La vede? - Mi chiede ogni tanto…
La vedo. Ascolto. Di una vita spesa per gli altri fra preghiere e carità, di tanti piccoli segni, confusi fra dimenticanze e sorrisi, di una diagnosi dal nome straniero, che senza invito né passaporto s’è infilata in casa e ha invaso sempre più spazio, s’è mangiata il tempo passato e s’è apparecchiata per quello che rimane...

il vecchio marinaio

- Che pace vedere il mare così piatto. - Penso a voce alta per attirare la sua attenzione.
Il vecchio smette di fischiettare.
- Come dici?
- Il mare, dicevo, il mare così piatto. Da un senso di pace.
- Tu vieni dal continente, non è vero? Tu arrivi dal continente e ti metti a sognare sul mio molo, e vuoi vedere la filosofia nelle onde salate. Siete tutti uguali voi dal continente. Io ci ho parlato col mare e non di filosofia. Ci ho fatto a braccio di ferro col mare, io. Se lo conosci, non ci devi parlare di filosofia, perché lui lo sa che non ci capisci niente di maree e correnti e venti, e ti prende in giro, e ti fa parlare ore e ore, e tu sei contento che lui ti ascolti, ma la verità è che ti ha già fregato. E la prima onda la prendi come un gioco. La seconda, fai un passo indietro. La terza sembra che ce l’abbia con te, e quando capisci che non è più un gioco, allora è troppo tardi, allora ride solo il mare, allora vorresti essere rimasto in continente, o almeno vicino la riva, allora faresti meglio a salutare tutti finché t’è concesso. Lo vedi quel verde scuro, e i riflessi di piombo… e la sabbiolina e i pezzi d’alga che galleggiano? Al largo c’è una tempesta e magari in mezzo c’è uno del continente, però il mare te lo nasconde tutto sto casino, sennò tu non ci vai e addio il suo pranzo.
- Tu eri un marinaio?
- Quando uno ci diventa, ci rimane per sempre marinaio, anche sulla terraferma. La vuoi sapere una cosa? Io ho sputato il mio tabacco in tutti i mari del mondo...

venerdì 2 settembre 2011

La Marina

Per le guide turistiche la Marina è uno dei quattro quartieri storici di Cagliari: edificata dai pisani nel 1200 per ospitare magazzini e dimore per quanti lavoravano al porto della città. Per me è uno scrigno colmo di tesori senza tempo: un labirinto di viuzze che a fatica si scaldano dei raggi del sole, formicaio d’etnie, colori, sapori. Giorno e notte insieme, musica, pittura e panni stesi, gocciolanti sulla testa dei turisti spaesati. E’ la “corte dei miracoli” che alza la testa e si vende nei buchi bui e umidi affacciati sulle vie. E’ la tavolozza del pittore, ridondante di policromi umori. Non si può restarne oziosi spettatori: ti vien voglia di parlare col fornaio, la tabaccaia, il barista, lo spazzino, la nonnina che porta claudicante le buste della spesa. Vedo quei vicoli operosi, all’ombra delle maestose facciate di via Roma, e ritrovo la Trastevere che mi accoglieva, complice sorniona, nelle scorribande notturne, alla ricerca di birre e dialetti stranieri. Era naturale che fra quelle mura antiche, quelle finestre austere, su quel lastricato che tanto ricorda i consumati “sampietrini” romani, prendessero forma e consistenza i personaggi che la mia mente ha partorito. Mi piace pensare che, un giorno, un altro “continentale”, passeggiando nello storico quartiere, pensasse: “E’ proprio com’è descritta in quel libro…”.